D.I. BASATO SU DPX
Il nome Digital Intermediate (DI) indica il processo di post-produzione cinematografica digitale che ha soppiantato l'analogo processo fotochimico su pellicola da 16mm, 35mm o 65mm. Agli albori della post-produzione digitale, quando la fotografia era prevalentemente su pellicola negativa e la proiezione nelle sale basata su pellicole positive, il processo DI cominciava con la scansione digitale del negativo già sviluppato -fotogramma per fotogramma- e terminava con la stampa digitale (film-out, in inglese) su pellicola internegativa o interpositiva di pari calibro, da cui venivano poi stampate le copie positive in 35mm o 70mm per la distribuzione. Con l'avvento predominante delle cineprese digitali da un lato del processo e i proiettori per il cinema digitale dall'altro, il termine di è oggi diventato semplice sinonimo di post-produzione interamente digitale. È rimasta comunque l'esigenza di memorizzare i contenuti video in pacchetti di file a "sequenza di fotogrammi" (cfr. §2.12) in quanto ciò rende più semplice la modifica di singole scene, parti di scene e persino fotogrammi individuali – sia dal punto divista dello storage ove il contenuto è memorizzato, che delle prestazioni degli applicativi impiegati. Per gli stessi motivi, le sequenze di fotogrammi non utilizzano compressione, o al più utilizzano algoritmi lossless (dunque, considerando la sequenza di fotogrammi come un unico flusso video, si tratta sempre di compressione intra-frame, cfr. §2.10). La suddivisione in "rulli" (cioè clip audiovisive della durata di 15-25 minuti circa) è di solito rispettata dividendo le sequenze di fotogrammi in sottocartelle del medesimo pacchetto.
L'audio viene invece codificato in uno o più file WAVE (cfr. §2.9), tipicamente monoaurali, uno per canale. Non esistono veri e propri documenti che descrivono tali specifiche, così come la loro archiviazione a lungo termine (storicamente in nastri digitali LTO mediante il formato di archiviazione TAR, cfr. §2.13): si tratta, dunque, di uno vero e proprio standard de facto.
Per quanto riguarda il formato di file usato per i singoli fotogrammi, il DI tradizionale ha da molto tempo adottato il formato DPX (creato dalla Kodak® come evoluzione del Cineon e standardizzato poi dalla SMPTE, cfr. §2.6), in quanto tale formato permette nativamente la rappresentazione digitale della densitometria di una pellicola negativa scansionata, ovvero di una positiva stampata, oltre a supportare metadati tipici della postproduzione cinematografica. Il formato DPX tuttavia, nonostante sia attualmente sotto revisione da parte di SMPTE, non è più adeguato agli standard di archiviazione multimediale moderni, a causa della poca efficacia nel mantenere metadati inerenti alle annotazioni o alla codifica colorimetrica. Per questo e altri motivi, come ad esempio le esigenze tecniche della computer-grafica (CG) e degli effetti speciali digitali (VFX), i pacchetti DI contemporanei hanno abbandonato il formato DPX in favore di OpenEXR (anch'esso introdotto in §2.6).
Si raccomanda a tutti gli enti operanti nel settore della post-produzione cinematografica di poter leggere pacchetti di file di entrambe i tipo, anche se si sconsiglia fortemente la produzione di nuove sequenze di fotogrammi in formato DPX (in favore del formato OpenEXR). Per la produzione di nuovi pacchetti destinati all'archiviazione o conservazione, si raccomanda inoltre l'impiego dell'IMF (sopra descritto), per la sua maggiore capacità di interoperabilità e riusabilità.